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Articolo del 16/01/07

Colonie, i tesori da salvare

Appello per sottrarle al degrado: "Sono gioielli dell´architettura"

Colonia di Rovegno, anni '50

Colonia di Rovegno, oggi

Sparse per tutta la Liguria da Chiavari a Savignone, progettate da grandi firme come Daneri, spesso sono in stato di abbandono

il grido di dolore I wolfsoniani: "Serve una mobilitazione a tutela di un patrimonio fondamentale, figlio del razionalismo"
il sovrintendente Rossini: "Può essere una soluzione trasformarle in strutture alberghiere di qualità. Ma tutto deve passare da noi"
Nel dopoguerra la decadenza per lo stato degli edifici, ma anche per la razzia degli arredi interni, ovunque saccheggiati

Occasioni per "far cambiare aria" ai bambini. Templi dell´indottrinamento fascista. Gioielli dell´architettura razionalista. Erano tutto questo le colonie marine, montane, elioterapiche sbocciate in Liguria negli anni Trenta. Adesso è emergenza: «Rischiamo di perdere un patrimonio fondamentale», dicono a una voce, Silvia Barisione, storico dell´arte e conservatore della Collezione Wolfson e Enrico Pinna, docente di "Restauro del Moderno" alla facoltà di Architettura di Genova. Dopo l´annuncio della trasformazione in struttura alberghiera a quattro stelle della "colonia Fara" di Chiavari, l´attenzione degli esperti si è alzata sul rosario di edifici analoghi, che si sgranano in Liguria, dalla costa all´entroterra. Progettati da grandi nomi del razionalismo italiano, da Luigi Carlo Daneri a Camillo Nardi Greco. Un patrimonio fatto dagli edifici, ma pure dagli arredi e dalle rifiniture interne (dai serramenti alle maniglie) che, dalla dismissione nel Dopoguerra, sono stati saccheggiati o si sono danneggiati. Oltre Chiavari: a Moneglia, c´è la colonia marina Burgo (1938), ospitava i bimbi degli operai delle omonime cartiere. A Marinella, Sarzana, la colonia Olivetti (1938). Poi quelle montane: Nardi Greco ne realizzò una a Rovegno, nel 1934 (c´è un progetto di recupero), e firmò il progetto di due strutture di Savignone, la "colonia montana di Renesso" (1933) e la "colonia montana di Montemaggio" (1938). Quest´ultima è quella ligure in peggiori condizioni, abbandonata da anni. Infine, a Santo Stefano D´Aveto, la colonia "Piaggio" progettata da Daneri (1939), ora coinvolta in un progetto di riqualificazione. Anche in corso Aurelio Saffi, a Genova, c´era una colonia, ora non esiste più nulla. L´unica schedatura su questo patrimonio è stata presentata e pubblicata solo nel 2004. «E´ stato solo un primo lavoro di scrematura - spiega Silvia Barisione, co-autrice del lavoro - che va proseguito: molti edifici dell´epoca, e colonie in particolare, devono ancora essere inseriti». E inserimento significa riconoscimento: «C´è grande ignoranza - mette in guardia Enrico Pinna - non sapere che le colonie sono edifici importanti per l´architettura moderna, realizzati da architetti internazionali, le mette a rischio di distruzione». Barisione racconta di un blitz, con furgone, presso la colonia di Daneri per "salvare" alcuni arredi a rischio: la sedia in tubolare metallico di Gabriele Mucchi, che era buttata in un angolo e impolverata, oggi entrata nella collezione Wolfson, è stata appena richiesta in prestito dal prestigioso museo d´arti applicate di Londra, "Victoria & Albert". Erano colorate, le colonie, all´esterno e nelle finiture interne. E si sono evolute: le prime a monoblocco, poi a torre, a villaggio. Fu l´architetto genovese Mario Labò, altro campione del razionalismo, a schedarne le tipologie, per primo. Il sovrintendente per i Beni architettonici della Liguria, Giorgio Rossini, rassicura: «Quasi tutte le colonie sono di proprietà pubblica: sono soggette a verifica e ogni progetto di riconversione deve esserci sottoposto». E´ avvenuto alla "Fara". E alla "colonia San Giorgio" di Pietra Ligure (1949), di proprietà della città di Milano. «Può essere una soluzione trasformarle in strutture alberghiere di alta qualità - dice - con la nostra supervisione: si mantengono i grandi vani comuni, si garantisce il recupero e la fruibilità pubblica». Le colonie abbandonate stanno correndo un grande rischio: «Dopo 50 anni - spiega Pinna - la riqualificazione è necessaria: altrimenti perdiamo tutto». E lancia l´appello all´organizzazione "Docomomo" (Documentazione e conservazione del Movimento Moderno), sede a Parigi e un solo quartier generale italiano, a Roma: «Li ho già contattati perchè "Docomomo" apra a Genova la sua seconda sede»

Michela Bompiani

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Articolo del 11/06/08

A Chiavari un monumento futurista
Sulla spiaggia la «Fara» di Camillo Nardi Greco (*)

 Colonia Fara a Chiavari, anni '50

Colonia Fara a Chiavari, oggi

Nella storia e nella cultura professionale italiana del moderno, le Colonie climatiche di villeggiatura dell’Opera Nazionale Balilla rappresentano un véritable cas d’espèce. Formidabile cassa di risonanza del dispositivo propagandistico di regime, queste vere e proprie «cittadelle della gioventù» erette nel breve volgere di un decennio a beneficio dei «figli del popolo» furono la trasposizione simbolica di un rivoluzionario ordine di valori, secondo un indirizzo formativo di massa che contemplava i suoi dogmi e i suoi rituali (il mito del salutismo, la mistica della forma fisica).
Un monumento futurista. «Nella luce improvvisa, appena fuori dalla galleria che precede Chiavari, si alza la torre della Colonia Marina, listata orizzontalmente da finestre rosse. Dentro questa meravigliosa cornice naturale, ecco una delle più fortunate realizzazione della Federazione dei Fasci di Combattimento di Genova...» (Rassegna di Architettura, agosto - settembre 1936).
Il 28 ottobre 1935, a poco più di quattro mesi dall’inizio dei lavori, viene portata a termine la Colonia marina, detta Fara, sull’arenile di Chiavari. La nuova costruzione commissionata dalla Federazione provinciale genovese del P.N.F. per ospitare nei mesi estivi «i bambini delle valli appenniniche bisognosi9 di cure marine», si inserisce a pieno titolo nella politica sociale di educazione e assistenza all’infanzia tenacemente sostenuta in quegli anni dal Fascismo. Artefice dell’opera è l’ingegnere Camillo Nardi Greco, che aveva esordito professionalmente alla fine degli anni Venti nel capoluogo ligure con alcuni lavori attestati su un linguaggio Déco-novecentista. Agli inizi degli anni Trenta la «svolta» in chiave razionalista, con la costruzione, nel 1933, della Colonia di Savignone-Renesso. È la prima di una serie di opere realizzate nel comprensorio provinciale genovese (Colonie di Rovegno, 1934, Chiavari, 1935, e Savignone-Montemaggio, del 1937) che lo consacreranno agli onori della critica per la risonanza nazionale che ottengono nella propaganda di regime.
Espressione tra le più moderne dell’epoca in Italia sul piano della concezione architettonica, la Colonia marina di Chiavari si mostra sorprendentemente all’avanguardia anche per quello che riguarda l’impianto distributivo e i servizi interni, organizzati con criteri funzionali. L’edificio, che raggiunge i 43 metri di altezza, si compone di due corpi differenziati: uno inferiore, a sviluppo orizzontale disposto parallelamente alla battiglia, organizzato su due piani, contenente i servizi e i locali ad uso comune («ricreatorio», sala mensa, palestra); e il corpo superiore, una torre «lamellare» di nove piani, otto dei quali destinati a dormitorio, per una capienza complessiva di 400 bambini (una camerata unica con 50 letti per ogni piano) e l’ultimo, con una terrazza panoramica continua coperta da una pensilina, adibito a infermeria.
Testimonianza paradigmatica del razionalismo italiano, la ex-Colonia Fara è una struttura di eccellenza nel panorama dell’architettura del Movimento Moderno in Europa. Numerosi i referenti culturali che sottendono alla concezione dell’opera: il fabbricato, che con le sue forme curvilinee e il basamento ad ali laterali simmetriche rimanda all’architettura dell’aeroplano - laica mitologia del dinamismo futurista - pare direttamente ispirarsi ai progetti di Enrico Prampolini e Adalberto Libera per il Padiglione italiano dell’Esposizione Universale di Chicago (1932-33).
La questione di un recupero funzionale della Colonia prende di fatto avvio solo a partire dalla metà degli anni Novanta, alimentando un forte interesse nell’opinione pubblica e accese controversie in sede amministrativa e istituzionale. Nel 1994 il Comune di Chiavari si fa promotore di uno scellerato piano di riconversione della struttura, con una nuova destinazione a residenza turistica privata che prevede un grande complesso alberghiero con ristorante, discoteca, centro congressi e mini-appartamenti. Contro questa destinazione una forte mobilitazione civile: nel 1996 la Sopritendenza ai Beni Architettonici della Liguria, sollecitata da un intervento della sezione Tigullio di Italia Nostra, ha apposto il vincolo di tutela alla Colonia, riconoscendo il valore monumentale di un edificio pubblico di «notevole interesse storico artistico».

Riccardo Forte (architetto esperto del Razionalismo)

 (*) Architetto della Colonia di Rovegno

 


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